Sapevi che l’Antica Torre Tornabuoni è stata la cornice di un importante capitolo sulla storia di Firenze? L’edificio apparteneva a una delle famiglie più importanti di Firenze nel 1300, i Gianfigliazzi, tanto che fu menzionato nella Divina Commedia di Dante Alighieri, all’Inferno, Canto XVII – (Gli usurai).
Per chi non lo conosce, o non si ricorda i dettagli, ecco l’argomento del Canto:
È l’alba di sabato 9 aprile (o 26 marzo) del 1300 e Dante si trova nel XVII Canto.
Quando i due raggiungono Gerione, Dante nota che poco lontano ci sono dei dannati (gli usurai) seduti nel sabbione infuocato, vicini all’orlo estremo del Cerchio. Virgilio invita Dante ad andare da solo ad osservare questi peccatori, raccomandandogli di essere rapido mentre lui cercherà di convincere Gerione a portarli sulla sua groppa in fondo al burrone.
Dante procede quindi da solo sull’orlo del Cerchio fino agli usurai, che piangono per il dolore e usano le mani per ripararsi dalle fiamme e dalla sabbia, proprio come fanno d’estate i cani col muso e le zampe per difendersi da mosche e altri insetti molesti. Dante osserva i dannati senza riconoscerne alcuno, tuttavia vede che ognuno di loro porta al collo una borsa con sopra lo stemma della loro famiglia, che ogni spirito non smette di guardare. Il poeta vede un peccatore la cui borsa reca lo stemma di un leone azzurro su fondo giallo (i Gianfigliazzi), mentre un altro ha una borsa che reca un’oca bianca in campo rosso (gli Obriachi).
Dante vede inoltre un altro usuraio, la cui borsa ha una scrofa azzurra in campo bianco (Reginaldo Scrovegni), il quale lo apostrofa chiedendogli cosa fa all’Inferno da vivo e invitandolo ad andarsene. Il dannato predice inoltre la futura dannazione del padovano Vitaliano del Dente e del fiorentino Giovanni di Buiamonte, come del resto fanno gli altri dannati fiorentini che stanno insieme a lui. Alla fine del discorso egli tira fuori la lingua, come un bue che si lecca il naso.
Ecco la citazione che riguarda la Torre:
“E com’io riguardando tra lor vegno,
in una borsa gialla vidi azzurro
che d’un leone avea faccia e contegno.”
Come cita la lapide riportata in facciata che potrete ammirare uscendo dal portone – essa fa parte delle 34 lapidi della Divina Commedia con cui Firenze omaggia il Sommo Poeta.
E mentre guardavo tra di loro, vidi su una borsa gialla una figura azzurra che sembrava un leone dall’aspetto e dal portamento (lo stemma dei Gianfigliazzi).
La famiglia de’ Gianfigliazzi si estinse nel 1764 con il Canonico Rinaldo di Lodovico, la cui tomba è visitabile presso la Basilica di Santa Trinita che affianca la Residenza in Piazza Santa Trinita. Dagli inizi del ‘900 il palazzo storico fu sede della Pensione Piccioli, divenendo ben presto residenza privilegiata di aristocratici, letterati inglesi, artisti e musicisti.
Chiusa intorno al ‘48, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Pensione Piccioli venne riaperta dagli eredi nel 2001, come Residenza d’Epoca con la denominazione di “Antica Torre di Via Tornabuoni 1”, a cui fece seguito, nel 2008, la Residenza d’Epoca Palazzo Gianfigliazzi di Via Tornabuoni 1.
Grazie alle attente ristrutturazioni, che ne hanno salvaguardato fascino ed elementi architettonici, gli ambienti suggestivi del palazzo di Via Tornabuoni hanno ripreso vita e calore. Le nostre maestose terrazze panoramiche conferiscono ai loro visitatori un punto di vista su Firenze unico e indimenticabile garantendo una vista che non ha eguali al mondo.
Oggi l’Antica Torre di via Tornabuoni 1 non è un normale hotel e neppure un boutique hotel, ma una Residenza d’Epoca in cui il piacere dell’ospitalità si unisce al desiderio degli ospiti di rivivere non da spettatori, ma da protagonisti un momento autentico della storia di Firenze e della lingua italiana.
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[…] giacché il grande maestro parla più volte del nostro edificio nelle sue pagine, quando cita i Gianfigliazzi, una delle più importanti famiglie fiorentine del 1300, che furono i proprietari del palazzo dove […]