Firenze ha molti palazzi architettonicamente meravigliosi e sicuramente il Museo di San Marco è uno dei massimi esponenti in questo senso. Per cominciare, la soglia del chiostro all’ingresso del museo di San Marco conduce attraverso un percorso tra i portici di proporzioni armoniose, scandito dal ritmo delle colonne di arenaria che termina a San Domenico in adorazione del Crocifisso del Beato Angelico, in un caloroso benvenuto di straordinaria bellezza. In effetti, le opere di Beato Angelico, il frate pittore che è uno dei più grandi artisti del primo Rinascimento, segnano l’atmosfera rinascimentale, rafforzata dalle linee architettoniche rinascimentali.
L’edificio fu restaurato tra il 1437 e il 1446 da Michelozzo, l’architetto preferito di Cosimo de’ Medici, utilizzando il convento medievale preesistente adiacente alla chiesa. Il Museo è costituito dalla parte più antica dell’edificio del convento di San Marco, soppresso nel 1866 e proclamato Museo Nazionale nel 1869.
Dal chiostro, si accede all’antico Ospizio dei pellegrini, dove sono confluiti i dipinti su tavola dell’Angelico per chiese e conventi di Firenze: il Trittico di San Pietro martire, la Deposizione, il Giudizio Universale, l’Armadio degli Argenti diviso in 35 scene, il Tabernacolo dei Linaioli, opere che rivelano un artista colto e aggiornato, maestro nella composizione e nella prospettiva, nell’uso personalissimo del colore e abile come miniatore. L’opera più monumentale è la magnifica Crocifissione che spicca nella vicina Sala Capitolare.
Altre sale adiacenti al chiostro, come il Refettorio Grande e la sala Lavabo, espongono le opere di Fra Bartolomeo, l’altro grande pittore di San Marco, che lì ha mantenuto un laboratorio fino alla sua morte nel 1517.
Al piano superiore troverete i dormitori degli ex frati, con l’Annunciazione in cima alla scala d’ingresso. È l’immagine simbolo del museo: una scena ambientata in una loggia Michelozziana che si apre su un giardino fiorito. Quindi, in tre corridoi, le 44 celle affrescate da Angelico sfilano, con scene della vita e della Passione di Cristo. Ogni quadro era destinato alla contemplazione esclusiva del frate che occupava la cella: non era un abbellimento, ma un invito alla meditazione su temi cari ai domenicani, come il legame con Cristo e la partecipazione alle sue sofferenze. Questi affreschi, fino al XIX secolo, si trovavano in un ambiente di clausura e non erano visibili al pubblico.
Nel terzo corridoio c’è anche la Biblioteca, progettata da Michelozzo come una basilica monumentale a tre navate, contrassegnata da colonne con capitelli ionici. Un tempio della conoscenza che Cosimo aveva voluto aprire al pubblico e che aveva un patrimonio di libri inestimabile.
Tornando al piano terra, una delle opere d’arte più famose del museo è esposta nel Piccolo Refettorio: l’Ultima Cena affrescata dal Ghirlandaio.
La casa di Angelico e Savonarola
Come ex convento domenicano, il Museo di San Marco fu palco di fervida attività religiosa, evidenziata da personalità come Sant’Antonino Pierozzi, vescovo di Firenze, il Beato Angelico (1400-1450 ca.) e, successivamente, Girolamo Savonarola.
Oltre ad essere un pittore eccezionale, Fra ‘Angelico era un monaco domenicano che in seguito divenne priore del convento.
Un altro priore del convento fu Girolamo Savonarola, che predicò contro la decadenza dei costumi, finendo impiccato e bruciato nel 1498 in Piazza della Signoria. È interessante sapere che la morte di Savonarola è stata annunciata dalla famosa campana “La Piagnona”, che è stata chiamata in questo modo a causa dei seguaci di Savonarola, con riferimento alle loro lamentele contro le pratiche e le usanze dei fiorentini. La campana può essere visitata al Museo.
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