Nel cuore di Firenze, lo chef stellato Vito Mollica porta in tavola la tradizione con un tocco di innovazione, creando esperienze culinarie indimenticabili al Salotto Portinari e nella sua ultima avventura, ATTO. Conosciuto per la sua dedizione alla stagionalità e agli ingredienti locali di altissima qualità, Chef Mollica bilancia i sapori classici italiani con tecniche raffinate, permettendo a ogni piatto di onorare le sue radici e, al contempo, di invitare alla scoperta.
In questa intervista, Chef Mollica ci racconta come unisce autenticità e creatività nella sua cucina, la filosofia del “km 0,” e come la ricca storia di Firenze continui a ispirare il suo percorso culinario.
Come bilanci l’approccio tradizionale della cucina toscana con l’innovazione presente nelle tue creazioni?
Nel nostro ristorante, sia nel bistrot che in ATTO, la tradizione è il punto di ispirazione, sia essa toscana, italiana o legata al calendario, come Pasqua, Natale e le stagionalità. Da lì prendiamo spunti per innovare e creare. Siamo, quindi, dei tradizionalisti che si rinnovano.
Quali sono gli ingredienti tipici della cucina fiorentina che non possono mai mancare nel tuo menù?
Noi utilizziamo molto la stagionalità; a parte, chiaramente, la carne, la chianina e il pesce del Tirreno, che cerchiamo di acquistare da Livorno e Viareggio. Funghi, carciofi morelli e molti altri ingredienti devono essere presenti stagionalmente nella nostra cucina.
E ci sono anche ingredienti esotici, che arrivano di fuori Italia?
Come beef, utilizziamo anche manzo giapponese di altissima qualità al ristorante ATTO, e c’è una contaminazione con i sapori della Basilicata, con legumi e primi piatti tipici di quella regione. Essendo cresciuto in Lombardia e con mia moglie piemontese, non possono mancare i risotti. La nostra è una filosofia di ristorazione che rispecchia profondamente la cucina italiana, ma che guarda anche ai migliori prodotti internazionali, come il prosciutto spagnolo o i frutti di mare francesi, come pesce e ostriche. Siamo quindi molto attenti a selezionare solo i migliori ingredienti da offrire ai nostri ospiti.
Il concetto di “km 0” è fondamentale per la tua filosofia culinaria. Come scegli i fornitori e come influisce questa scelta sulla creazione dei tuoi piatti, sia al Salotto Portinari che all’ATTO? Cosa significa per te cucinare con ingredienti stagionali e locali, e come questo approccio migliora l’esperienza dei tuoi ospiti?
I fornitori sono il risultato di relazioni costruite negli anni. Ci può essere, ad esempio, un fornitore che ci porta solo zafferano toscano, o uno che ci fornisce diversi prodotti. Per noi il concetto di ‘km 0’ non si limita alla vicinanza geografica a Firenze, ma si basa su criteri etici e principi fondamentali che richiediamo ai nostri fornitori: sostenibilità, assunzioni regolari dei dipendenti e attenzione alla tutela del territorio. Utilizziamo prodotti provenienti da aree specifiche, come l’Abruzzo o la Sicilia, proprio perché il loro microclima li rende speciali.
Qual è l’elemento distintivo del menu di ATTO rispetto a quello di Salotto Portinari? Ci sono ingredienti o piatti che meglio esprimono l’identità di ATTO?
ATTO è concepito come un vero e proprio rituale gastronomico, da cui deriva anche il nome: un ‘atto’ come a teatro, con un ingresso, un inizio e un percorso continuo attraverso il menu, dove anche il servizio è parte integrante dell’esperienza. Il menu si distingue per ingredienti e materie prime di eccellenza, ricercati e raffinati. Salotto Portinari, invece, offre un servizio dedicato a chi ama la cucina tradizionale ma preferisce una soluzione più veloce rispetto a un ristorante stellato, pur apprezzando l’alta qualità.
Entrambi i ristoranti abbracciano i principi di tradizione e stagionalità, ma in contesti e rituali diversi. Il Salotto, inoltre, offre servizi più flessibili rispetto ad ATTO, poiché è aperto tutto il giorno, permettendo agli ospiti di gustare un pasto a qualsiasi ora, mentre ATTO propone un’esperienza più strutturata.
Cosa ti ha spinto ad aprire ATTO e come si colloca nella tua evoluzione come chef?
Decisamente la location. Prima lavoravo per una catena alberghiera e ricoprivo il ruolo di manager. Oggi sono un imprenditore, ma ciò che mi ha spinto è l’entusiasmo e l’energia che provo per questo Palazzo Portinari. Pensare di avere il mio ristorante all’interno di una delle sale più belle d’Italia mi ha emozionato sin dal primo momento.
Questa esperienza arriva all’inizio dei miei cinquant’anni, un’età matura, ma di grande tolleranza, saggezza e fiducia nel confronto con il mio personale, con il mio team. Oggi capisco ancora di più quanto sia semplice far funzionare una squadra. Prima ero io a occuparmi di tutto personalmente, ora si sono creati dei punti di riferimento.
Qual è il piatto che meglio rappresenta la tua filosofia culinaria e perché?
Faccio fatica a indicare un solo piatto, perché credo che abbiamo diversi piatti che ci distinguono. Utilizziamo ingredienti che molte volte evolviamo in base alla stagionalità. Ad esempio, il nostro piccione. Mi piace più parlare della nostra interpretazione degli ingredienti, cercando di renderli gustosi, tecnicamente perfetti e digeribili, con abbinamenti che bilancino correttamente l’acidità.
Ogni stagione ha il suo ingrediente che non può mancare, dipende dalla stagione.
Hai lavorato in diverse città e contesti. In che modo queste esperienze internazionali hanno influenzato la tua cucina?
La mia cucina oggi è un’evoluzione di tutta la mia carriera e dei miei incontri. Spesso non significa viaggiare fisicamente, ma anche incontrare persone che ti offrono nuovi stimoli. Mi considero una persona che ha avuto moltissima esperienza e tantissimi incontri, e alcuni dei miei piatti sono cambiati proprio grazie a questo. Non ho mai cercato di riprodurre la cucina degli altri, ma ho sempre cercato di fare mio ciò che mi ha influenzato.
C’è qualche elemento dell’atmosfera o della tradizione storica dell’Antica Torre Tornabuoni che ti ispira o che ritrovi nel Salotto Portinari o nell’ATTO?
La Torre per me rievoca la grande storia di Firenze e questo mi ispira tantissimo a immaginare i profumi, gli odori e gli ingredienti di quel periodo, per poterli modernizzare ai giorni nostri.
Se considerassi l’Antica Torre Tornabuoni un piatto, cosa immagineresti?
Mi fa pensare molto alle macellerie che potevano esistere nel Medioevo o nel Rinascimento, quindi mi vengono in mente piatti a base di carne di animali da cortile.